Villa Caldogno è una villa veneta attribuita all'architetto Andrea Palladio (1542) che sorge nel comune di Caldogno (provincia di Vicenza, alle porte del capoluogo), nei pressi del centro del paese.
Dal 1996 è inserita tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO con le altre ville di Palladio del Veneto.
Palladio, amico di famiglia dei Caldogno, operò su una struttura preesistente, forse della prima metà del Quattrocento, ben visibile nel seminterrato che ospita attualmente la biblioteca comunale.
La villa, oggi di proprietà del comune di Caldogno, è utilizzata per attività ed eventi culturali.
Il committente Losco Caldogno, aristocratico vicentino e attivo commerciante di seta, aveva ricevuto in eredità una corte agricola e numerosi campi a Caldogno nel 1541. Legato da stretti vincoli di parentela a committenti palladiani come i Muzani e successivamente i Godi di Lugo di Vicenza (Villa Godi), con buona probabilità commissionò a Palladio la ristrutturazione della corte agricola.
Non si hanno elementi precisi circa la datazione dell’intervento: è possibile fissare l’inizio dei lavori al 1542, la casa è certamente abitabile nel 1567 e la data “1570” incisa sulla facciata indica probabilmente la fine delle opere di decorazione.
Anche se non inclusa nei “Quattro libri dell’architettura”, Villa Caldogno è ritenuta opera autografa di Andrea Palladio che operò, come dimostrano recenti studi, su una struttura preesistente, forse della prima metà del sec. XV. Tale struttura è ben visibile nel seminterrato che ospita ora la Biblioteca comunale.
Particolarmente significativo il prospetto principale, con i tre grandi archi chiaroscurati, dalla cornice bugnata che scandisce l’atrio leggermente avanzata rispetto ai due settori laterali. Un frontone triangolare, al di sopra di un’alta fascia di parete cieca, suggella il settore mediano, alla cui base si sviluppa una singolare e geniale scala a base poligonale.
Fasce di varia altezza e vario spessore modulano tutta la fabbrica che è conclusa da un cornicione modanato.
La facciata posteriore registra strette analogie con quella principale, analogie che però sono state alterate dalla costruzione di due torricelle quadrate che racchiudono le scale a chiocciola per accedere al sottotetto.
Questi nuovi volumi (di origine sei-settecentesca) definiscono una profonda terrazza che si sviluppa per l’intera larghezza della facciata.
Attorno all’asse mediano, costituito dall’atrio e dal salone centrale, si dispongono nell’uno e nell’altro lato della villa tre ambienti: i maggiori negli angoli, i minori tra essi.
Ricchissima è la decorazione pittorica degli interni (loggia, salone centrale, stanze lato ovest) dovuta in gran parte alla mano di Giovanni Antonio Fasolo (1530-1572), Giovanni Battista Zelotti (1526-1578), Giulio Carpioni (1613-1679). Altri pittori intervennero nella decorazione dei due fregi del settore est della villa dove sono affiorati, nel corso dei recenti restauri, tracce di altri affreschi.
Difficile leggere negli affreschi della loggia la mano del solo Fasolo. Quasi a voler anticipare gli affreschi del salone che in maniera impareggiabile ritraggono gli svaghi e le delizie della vita in villa, nella parete a sinistra sono rappresentati, attorno ad un tavolo, fanti e donzelle che giocano; nella parete a destra, un gruppo di suonatori di vari strumenti musicali. Sulla volta a botte, entro un grande ovale, è raffigurato “Il Concilio degli dei”.
Dal 1996 è inserita tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO con le altre ville di Palladio del Veneto.
Palladio, amico di famiglia dei Caldogno, operò su una struttura preesistente, forse della prima metà del Quattrocento, ben visibile nel seminterrato che ospita attualmente la biblioteca comunale.
La villa, oggi di proprietà del comune di Caldogno, è utilizzata per attività ed eventi culturali.
Il committente Losco Caldogno, aristocratico vicentino e attivo commerciante di seta, aveva ricevuto in eredità una corte agricola e numerosi campi a Caldogno nel 1541. Legato da stretti vincoli di parentela a committenti palladiani come i Muzani e successivamente i Godi di Lugo di Vicenza (Villa Godi), con buona probabilità commissionò a Palladio la ristrutturazione della corte agricola.
Non si hanno elementi precisi circa la datazione dell’intervento: è possibile fissare l’inizio dei lavori al 1542, la casa è certamente abitabile nel 1567 e la data “1570” incisa sulla facciata indica probabilmente la fine delle opere di decorazione.
Anche se non inclusa nei “Quattro libri dell’architettura”, Villa Caldogno è ritenuta opera autografa di Andrea Palladio che operò, come dimostrano recenti studi, su una struttura preesistente, forse della prima metà del sec. XV. Tale struttura è ben visibile nel seminterrato che ospita ora la Biblioteca comunale.
Particolarmente significativo il prospetto principale, con i tre grandi archi chiaroscurati, dalla cornice bugnata che scandisce l’atrio leggermente avanzata rispetto ai due settori laterali. Un frontone triangolare, al di sopra di un’alta fascia di parete cieca, suggella il settore mediano, alla cui base si sviluppa una singolare e geniale scala a base poligonale.
Fasce di varia altezza e vario spessore modulano tutta la fabbrica che è conclusa da un cornicione modanato.
La facciata posteriore registra strette analogie con quella principale, analogie che però sono state alterate dalla costruzione di due torricelle quadrate che racchiudono le scale a chiocciola per accedere al sottotetto.
Questi nuovi volumi (di origine sei-settecentesca) definiscono una profonda terrazza che si sviluppa per l’intera larghezza della facciata.
Attorno all’asse mediano, costituito dall’atrio e dal salone centrale, si dispongono nell’uno e nell’altro lato della villa tre ambienti: i maggiori negli angoli, i minori tra essi.
Ricchissima è la decorazione pittorica degli interni (loggia, salone centrale, stanze lato ovest) dovuta in gran parte alla mano di Giovanni Antonio Fasolo (1530-1572), Giovanni Battista Zelotti (1526-1578), Giulio Carpioni (1613-1679). Altri pittori intervennero nella decorazione dei due fregi del settore est della villa dove sono affiorati, nel corso dei recenti restauri, tracce di altri affreschi.
Difficile leggere negli affreschi della loggia la mano del solo Fasolo. Quasi a voler anticipare gli affreschi del salone che in maniera impareggiabile ritraggono gli svaghi e le delizie della vita in villa, nella parete a sinistra sono rappresentati, attorno ad un tavolo, fanti e donzelle che giocano; nella parete a destra, un gruppo di suonatori di vari strumenti musicali. Sulla volta a botte, entro un grande ovale, è raffigurato “Il Concilio degli dei”.